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I perché di un no.

Qualche giorno fa ho avuto un contatto con un consigliere dell’Associazione Lu Rure per discutere del tema del sito rore.it e del suo futuro. In pratica mi si chiedeva la disponibilità dell’utilizzo del sito da parte dell’Associazione.
Siccome il risultato del colloquio è stato una fumata nera, mi preme spiegarne bene per iscritto i diversi perché, come metodo di prevenzione dai soliti “si dice”.

Innanzi tutto un pochino di storia del sito.
Creato nel gennaio del 2010 e messo on line ad aprile, era nato come un piccolo portale dedicato a Rore, alle sue attività, alla sua storia ed alla sua promozione. Il progetto prevedeva la collaborazione degli abitanti (almeno di quanti potevano andare in rete) che avrebbero contribuito con contenuti ed idee. Lo scopo finale del sito doveva essere quello di valorizzare Rore, creando di conseguenza valore per tutti i suoi abitanti.
Purtroppo il progetto non teneva conto del fatto che la cultura della condivisione, alla base del buon funzionamento di qualsiasi progetto internet, non era nelle corde dei miei compaesani. Il risultato è che, ad oggi, tutti i contenuti sono stati inseriti dal sottoscritto ed a parte la collaborazione di chi mi ha fornito alcune immagini, la partecipazione è stata zero. Fin qui il pregresso.

Ora, dopo che di mezzo ci sono state la questione WiFi e le elezioni e che i rapporti tra me ed alcuni esponenti dell’Associazione si sono conseguentemente deteriorati, mi è stato chiesto di cedere rore.it all’Associazione. Il che sarebbe abbastanza buffo, considerato quanto queste stesse persone hanno creduto nel sito fino ad oggi, se non fosse che l’utilizzo che se ne vuole fare è ancora una volta a favore di alcuni e non di tutti.
Infatti il sito rappresenta (o per lo meno vorrebbe rappresentare) Rore nella sua interezza e quindi non vuole e non può essere il sito della sola Associazione, come mi è stato prospettato. Anche perché ci sono finalità diverse, dato che la promozione di Rore non rientra nello Statuto dell’Associazione (almeno così mi è stato detto e non avendone copia a mano non posso che crederci).

Ci sono poi motivi più banalmente tecnici.

Il sito è registrato a mio nome, dunque ne sono legalmente responsabile. Cederne il controllo mi renderebbe vulnerabile alla prima eventuale “stupidaggine” che verrebbe fatta (e ai neofiti della rete capita spesso di farne, anche se involontariamente).

Il dominio rore.it è d’altra parte unico. Ed a mio avviso va utilizzato per il paese. L’Associazione si chiama Lu Rure, non Rore, dunque per motivi di coerenza semantica, sempre più importante per i motori di ricerca, sarebbe anche un errore strategico utilizzare l’attuale dominio per l’Associazione.

Il CMS (il software che serve a far “girare” il sito) utilizzato è di alto livello e permette di gestire contenuti anche complessi. È stato inoltre customizzato appositamente per una struttura ben definita. In parole povere è stato preparato per il suo funzionamento come portale promozionale. Convertirlo in un sito prevalentemente statico (in pratica quello che in gergo internet viene definito un “sito vetrina”) sarebbe un po come usare una Formula 1 per andare dal tabaccaio. Considerato il costo del software e le ore di lavoro che ci sono volute per realizzarlo, sarebbe uno spreco inutile.

In conclusione. Al di là del fatto che per collaborare bisogna che ci sia fiducia reciproca, cosa che al momento mi pare manchi (d’altra parte non sono io che ho preso per scemo il prossimo), credo di aver assunto la decisione più corretta per tutti i roresi, conservando un dominio che resta a disposizione del paese nella sua interezza.

Da “tecnico”, posso solo consigliare all’Associazione di registrare un proprio dominio. Suggerirei lurure.org che mi pare sia disponibile e che ben si adatta ad un Associazione Culturale. Se poi servirà un aiuto di tipo tecnico per metterlo in piedi, ben volentieri darò una mano.

C’è visione e visione

Immaginavo che ci sarebbero state difficoltà nel mettere in piedi il sito del paese, ma pensavo più che altro al reperimento del materiale ed al lavoro per metterlo on line. Invece mi trovo di fronte a complicazioni di carattere non solo pratico ma, cosa ben più grave, di visione e comprensione del mezzo.

Non è cosa semplice. E’ chiaro che si scontrano due tipi di idee. Da una parte quella “chiusa” che crede di poter continuare ancora a lungo con l’immobilismo, con la gelosia delle proprie tradizioni, con l’autosufficienza culturale (ed economica per diretta conseguenza) con il classico “abbiamo sempre fatto così” che è da sempre la grande tara della nostra regione. Dall’altra la “condivisione” che si è dimostrato uno dei più potenti motori della comunicazione e dello sviluppo di questi ultimi anni.

Sono le conseguenze dirette del digital divide che affligge tutti i luoghi periferici del nostro paese in cui esistono cittadini di serie A e di serie B.
La colpa non può dunque essere addebitata a quanti fanno resistenza, vittime di questa divisione, ma all’isolamento della zona dal resto del mondo e del progresso che ne aumentano la distanza non consentendo una “vision” rivolta al futuro.

Non sono certo un sostenitore dello sviluppo selvaggio che caratterizza molte aree dell’Italia e del mondo, ma proprio per questo ritengo che lo sviluppo sostenibile non può comunque fare a meno degli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione.

Personalmente ritengo che spopolamento e marginalità economica siano dirette conseguenze della situazione attuale. Vogliamo invertire la tendenza e valorizzare quanto di bello abbiamo creando opportunità di lavoro ed investimento o preferiamo vedere spegnersi lentamente la realtà che conosciamo? Tutto sta a capirsi. Quali sono gli scopi che si vogliono ottenere? Cosa si ritiene di primaria importanza?

Attendo risposte..

Aggiornamento lavori

Dunque, cosa ho fatto in questi ultimi 20 giorni?
Ricapitoliamo.

Ho sistemato alla bell’e meglio i cerchioni rugginosi del Toyota. Grattaggio, due mani di ferox e due di vernice/antiruggine. Per puro caso il colore di quest’ultima è simile a quello della carrozzeria e sta benissimo. Lo so che durerà poco come lavoro, ma ero stufo di vedere ruggine.

Ripulito il giardino, tolto il velo da sposa alla Alberic Barbier ed al gelsomino che ha resistito all’inverno. Re invasati un oleandro e la Abraham d’Arby i cui vasi si erano rotti. Smontata la serra provvisoria sul secondo terrazzo. Sistemate Ballerina, Aloha e Stanwell Perpetua in giardino su un supporto realizzato con due tronchi di pero e una losa. Anche due oleandri bianchi sono scesi in giardino a contornare la porta di ingresso. I due aceri hanno resistito: uno perfettamente e sta mettendo le foglie, l’altro meno ed è solo parzialmente ripartito. Spero si tratti solo di un ritardo. Il limone selvatico è stato potato leggermente perché stava cominciando a crescere un po’ troppo. Il lauro ha patito le ultime gelate ed ha molte foglie “bruciate” dal freddo.
Sotto il melo di sx è cominciata la impari lotta con le ortiche: dato che l’unico mezzo per eliminarle è lo sradicamento e che le radici corrono per metri, non è un lavoretto leggero..

Puy - ingresso giardino

Intanto è finalmente online rore.it
Ho comiciato a strutturarlo e domani attendo quelli dell’Associazione per recuperare i primi contenuti da pubblicare e definire le linee guida da seguire. Non per vantarmi ma mi sembra che sia niente male.
Il 7 maggio inizierà una ricerca medico-sociologica. Rore è stata scelta in quanto caso atipico in termini di demografia nell’ambito dei paesi delle valli alpine. Tra le cose che verranno fatte, alcune interviste agli abitanti che spero proprio possano essere messe a disposizione del sito.

Nel frattempo il Pin ha innestato 3/4 piantine di melo con i butti che Mario aveva recuperato. E ieri Mario ha innestato 3 piantine di pero, oltre ad aver scovato tanti germogli di melo, la dove l’anno scorso sono cadute le mele delle mie gloriose piante. Bisognerà che le recuperi e le metta in vaso. Anche il futuro frutteto ha preso il via.

Dulcis in fundo, l’accatastamento della baita 2 è andato a buon fine. Incredibile come si sia obbligati a definire abitazione un rudere per motivi fiscali ed a dover dare una destinazione d’uso come “cucina” o “camera” a dei locali privi di qualsiasi servizio che stanno in piedi per miracolo e che non sono mai stati tali. Ed il tutto per cosa? Beh, è una semplicissima manovra  che fa parte della politica del “raschiamento del fondo del barile”, per recuperare 30 euro all’anno di gettito ma facendo spendere al contribuente per la pratica relativa 50 (cinquanta) volte tanto. Mah! Misteri del Mi(ni)stero delle Finanze. Caro Ministro, la prossima volta mi chiami, telefonata a mio carico. Se me ne chiedeva direttamente 60 avremmo fatto un affare in due..